Contributo del Prof. Benvenuto Cestaro, Professore di Chimica Biologica e Biochimica della Nutrizione – Corso di laurea in Medicina e Chirurgia – Università degli studi di Milano. Già direttore della Scuola di specialità di Scienza dell’Alimentazione dell’Università di Milano
Il rapido progresso della tecnologia della Next Generation Sequencing (NSG) ha significativamente ridotto i costi ed i tempi per la decodifica del genoma umano. La possibilità di individuare comprensibilmente le variazioni genetiche e le loro correlazioni con diverse patologie è attualmente uno dei target per il miglioramento della medicina preventiva e della medicina personalizzata. Di fatto, l’intera sequenza del genoma ed il sequenziamento dell’intero esoma sono state impiegate con successo per investigare sia le più comuni patologie che le malattie rare (1,2). I test genetici sono una conquista della medicina moderna che comprendono, in realtà, esami con diverse finalità.
Il test genetico ha un chiaro significato diagnostico nel caso delle malattie mendeliane, monogeniche (es. fibrosi cistica, anemia falciforme, emofilia, ecc..) in cui la presenza di mutazioni rare ad alta penetranza è indice di malattia in corso. Nel caso, invece, delle malattie complesse più comuni quali le cronico-degenerative correlate all’invecchiamento (es. diabete, malattie cardiovascolari, neurodegenerative, osteoporosi, obesità, ecc.,), l’analisi dei polimorfismi genetici può indicare solo una generica suscettibilità e predisposizione a sviluppare una malattia nel corso della vita. Infatti, tali malattie cronico-degenerative sono su base multigenica e multifattoriale. La natura multifattoriale richiede, perché la malattia compaia, una particolare interazione tra il genotipo dell’ospite e i fattori esterni ambientali (stile di vita, dieta, inquinamento ambientale, stress, radiazioni ionizzanti, ecc.) tale da condizionare la suscettibilità di quel soggetto verso alterazioni funzionali e patologie.
La natura multigenica richiede la presenza simultanea di più varianti genetiche comuni, ciascuna con contributo basso al rischio di malattia, ma combinate agiscono sinergicamente.
A causa del numero elevato di fattori genetici e ambientali coinvolti nella patogenesi delle malattie cronico-degenerative, la ricerca del ruolo causale delle varianti genetiche nel determinare le diverse patologie si è dimostrata difficoltosa. Inoltre, gli algoritmi interpretativi per predire e priorizzare le diverse varianti patogenetiche non sono ancora del tutto effettivi.
Appare evidente come la sola analisi di pannelli genetici, nell’ambito della medicina preventiva, possa indicare una generica suscettibilità ad ammalarsi, cioè il rischio aumentato o diminuito di sviluppare la malattia rispetto alla media della popolazione generale senza alcuna quantificazione di questo rischio. Pertanto, questi test devono essere valutati nell’ambito del quadro clinico generale del soggetto, delle influenze ambientali, dello stile di vita, del tipo di nutrizione.
È fondamentale, inoltre, effettuare contestualmente alla profilazione genetica uno screening di laboratorio atto ad individuare i principali biomarker dell’invecchiamento e delle malattie cronico-degenerative ad esso correlate quali gli indici di stress ossidativo, gli indici di infiammazione, di glicazione, di metilazione, indici dismetabolici, ecc. al fine di avere una istantanea della situazione funzionale del soggetto. Tutto ciò al fine di valutare precocemente la presenza di stadi pre-patologici e di avere una situazione di riferimento basale per monitorare l’efficacia della dietoterapia personalizzata messa in atto. Il genoma è statico, mentre la situazione metabolica del soggetto è dinamica ed è espressione della interazione del suo genotipo con i fattori ambientali.
Di fatti, un settore di ricerca in rapida evoluzione è la metabolomica che si propone di identificare e caratterizzare tutti i piccoli metaboliti molecolari nei diversi campioni biologici (sangue, urine, feci, ecc..) I diversi metaboliti rappresentano gli intermediari dei vari processi metabolici che collegano fra loro la funzionalità del gene, i fattori non genetici e gli end points fenotipici (3,4). Numerosi e recenti studi evidenziano come questi fenotipi metabolici possano allargare più dettagliatamente e fornire in modo sinergico nuove informazioni sulle funzioni dei geni, sui meccanismi patogenetici e sulla predittività dei biomarkers per la diagnosi e la prognosi delle diverse malattie (5-9).